Introduzione al metodo del Prof. Giovanni Florio

I campi di potenziale sono metodi passivi, cioè si basano sulla misura dei campi naturali gravimetrico e magnetico della Terra. In gravimetria misuriamo con grande precisione la componente verticale del vettore dell’accelerazione gravitazionale. Nel caso del magnetismo, si possono misurare le tre componenti del vettore campo magnetico o, più comunemente, una singola componente chiamata campo totale, relativa alla direzione del campo principale che si origina nel nucleo esterno liquido della Terra. Nell’esplorazione geofisica, questi metodi sono specialmente indicati per evidenziare variazioni delle strutture geologiche in senso orizzontale, come può avvenire per esempio lungo un piano di faglia che metta a contatto litologie differenti. Infatti, in queste tecniche riveste una particolare importanza il contrasto orizzontale di densità o magnetizzazione tra diversi corpi rocciosi in profondità. Coerentemente con questa caratteristica, gravimetria e magnetismo sono utilizzati per contribuire a risolvere una serie di problematiche in campo geologico (p.es., la definizione della geometria del basamento in bacini sedimentari; applicazioni per l’industria mineraria) fino all’ambito ingegneristico con applicazioni per la ricerca di cavità o materiali ferrosi (UXO; fusti sepolti). Essendo metodi di investigazione tra i più antichi, le tecniche di modelling e interpretazione sono piuttosto sofisticate e includono metodi diretti, inversi e di ‘enhancement’ che consistono nel calcolo di quantità derivate a partire dai dati acquisiti, dove alcune strutture del campo risultano più evidenti.

 

Quali sono le principali applicazioni dei campi di potenziale nell’industria?

Dott. Gianluca Gabbriellini:

Si tratta di un metodo non invasivo che trova larga applicazione nell’industria perché ad un costo relativamente basso consente di investigare aree molto estese e contribuire così in modo significativo alla comprensione della geologia di un’area.

Per applicazioni Oil & Gas la sua collocazione ideale è nelle fasi iniziali del ciclo esplorativo nelle quali permette di fare uno screening su larga scala delle potenzialità dell’area. Tuttavia permette di dare un valido supporto anche nelle fasi successive, principalmente per:

  • Migliorare l’interpretazione: comprendere a fondo la natura crostale, individuare i trend strutturali, definire la profondità del basamento cristallino e quindi stabilire lo spessore sedimentario, individuare intrusioni vulcaniche, guidare l’interpretazione del bottom sale
  • Monitoring di reservoir

Questi metodi vengono inoltre utilizzati a livello industriale anche per l’esplorazione di minerali.

 

Quali cambiamenti ci sono stati nell’insegnamento di questa materia negli ultimi 50 anni?

Prof. Maurizio Fedi:

Per l’insegnamento le novità sono quelle dettate dall’uso sempre più spinto di programmazione numerica, ad es. oggi gli studenti fanno ampio uso di software come Matlab o Python e dall’entrata in scena di strumentazioni sempre più nuove, sensibili e dotate di automatismi: un semplice esempio è la correzione di marea in gravimetria viene oggi fatta in automatico dalla strumentazione gravimetrica. Inoltre metodi come l’analisi di Fourier o la teoria dell’inversione sono ormai parte importante della formazione di uno studente di master. Se gli aspetti basilari dei metodi non cambiano molto negli anni, le nuove tecnologie e metodologie comportano nuovi aggiornamenti, come le misure magnetometriche da drone o l’interpretazione congiunta di diverse tipologie di dati (p. es. grav e mag) attraverso algoritmi di joint inversion simultanea.

 

Qual’è la massima profondità di investigazione dei campi di potenziale?

Dott. Gianluca Gabbriellini:

Sono metodi che non hanno limiti di profondità, e risultano utili per tutte le scale d’indagine: dall’archeologia (profondità di pochi metri), esplorazione di risorse naturali (km) alla geodesia fino alla struttura del nucleo (centinaia/migliaia di km). Altri metodi come ad esempio la sismica, EM, FDEM, GPR hanno limiti in questo senso.

 

E allora come si fa ad investigare ad una certa profondità?

Prof. Maurizio Fedi:

  1. Il design di un rilievo è fondamentale: estensione e passo di campionamento vanno scelti in funzione del target, ossia della profondità da indagare. Qualche volta però questi parametri vengono scelti in funzione di quelli di altre metodologie, come la sismica e questo potrebbe essere un errore.
  2. Anche la tipologia del survey è importante: i dati gravimetrici e magnetometrici sono raccolti su piattaforme svariate: dalla satellitare a quella airborne, dalla shipborne a quella su terreno, auv/rov, sea bottom. Ogni tipo di rilevo può portare ad escludere la possibilità di investigare a specifiche profondità, ad es. da un rilievo satellitare è difficile estrarre informazione di sorgenti a profondità intermedio-superficiale e il contrario accade per le altre tipologie.
  3. Anche le strumentazioni possono essere più o meno indicate per specifici range di profondità. Ad es. in archeologia si tende ad usare il magnetometro in configurazione gradiometrica perché ha una migliore risoluzione e risulta utile per le sorgenti superficiali.

 

Qual è la risoluzione del metodo, anche rispetto ad altre tecniche di esplorazione geofisica? 

Dott. Gianluca Gabbriellini:

Confrontando due surveys, uno sismico ed uno (es.) gravimetrico, che hanno uguale passo di campionamento la risoluzione spaziale dei due metodi in orizzontale è paragonabile. In profondità invece il dato gravimetrico ha risoluzione più bassa. La risoluzione spaziale tuttavia si migliora con l’utilizzo dei gradienti che, agendo come filtri spaziali, enfatizzano effetti a piccola lunghezza d’onda e riducono interferenze con i campi di sorgenti vicine.

 

Spesso si parla di ambiguità interpretativa per i campi di potenziale: cosa significa?

Prof. Maurizio Fedi:

Purtroppo, l’interpretazione di tutti i dati geofisici (e non solamente dei campi di potenziale) non è univoca: più modelli possono spiegare gli stessi dati. Fortunatamente, l’extra-info derivante dall’uso di più metodi (vedi joint inversion) e vincoli di ogni natura riducono moltissimo l’ambiguità.  L’ambiguità dei campi di potenziale è nota, perché vien fuori dal semplice uso del teorema di Gauss, ma tutti i metodi soffrono di questo limite, ad es. la geoelettrica, anche se spesso nella pratica se ne tiene poco conto o, addirittura, in qualche caso non si va neanche a controllare se il modello riproduce il dato, come per il radar o, spesso, in sismica a riflessione. Vedo un certo disallineamento tra le varie metodologie sulla comprensione dell’ambiguità: gli utenti dei metodi che usano di default l’inversione dei dati spesso non comprendono come l’algoritmo stesso introduca pesanti assunzioni attraverso le quali la soluzione e quindi il modello finale (di resistività, di densità o di altro) sia influenzato da esse.

 

Quali sono i nuovi trend nello sviluppo di metodi di interpretazione di questo tipo di dati?

Prof. Maurizio Fedi:

Nell’ultimo decennio abbiamo visto nascere o sviluppare metodologie quali la Joint inversion, l’analisi multiscala e il Machine Learning, che sicuramente rivoluzioneranno la geofisica in genere ed anche i campi di potenziale. La joint inversion, intendo quella simultanea, è un vecchio sogno che ha un po’ stentato ad affermarsi come metodo routinario, ma alcuni approcci, come quello basato sulla structural similarity, sembrano oggi vincenti, specie se il vincolo di similarità si impone ai modelli e non al sistema completo di equazioni. L’analisi multiscala è perfetta per i potential fields perché il campo a diverse scale è fisicamente basato. Infatti il campo a quote via via più elevate non è un semplice filtro passa-bassa (come purtroppo alcuni ancora intendono riduttivamente) ma permette di analizzare in modo integrato, cioè a molte altezze dal suolo, le proprietà delle sorgenti nel sottosuolo.  Molti metodi, anche quelli inversi, tradizionalmente basati su un’analisi monoscala andrebbero completamente ridefiniti in tal senso.  I metodi di Machine Learning occupano ormai la scena dell’innovazione e la vera sfida è dimostrare la loro utilità rispetto ai metodi numerici classici: in geofisica applicata quello che conta è la nostra capacità di ricostruire le proprietà del sottosuolo indipendentemente dal metodo usato. L’approccio è sicuramente vantaggioso in termini di principio e sicuramente assisteremo a sviluppi interessanti nei prossimi anni, come già evidente dai primi studi anche in gravimetria e magnetometria.

 

Quali sono i nuovi trend nelle applicazioni industriali?

Dott. Gianluca Gabbriellini:

  • Stiamo verificando che i metodi potenziali, in particolare le anomalie di campo magnetico, possono indirettamente fornire un supporto al Basin Modelling. L’analisi spettrale del campo magnetico residuale conduce infatti alla profondità dell’isoterma di Curie, che segna la temperatura di circa 580°C. Questa isoterma, attraverso un modelling termico opportunamente vincolato, può essere efficacemente utilizzata per vincolare modelli termici di bacino.

 

  • Metodi di inversione layer-based che permettano di lavorare simultaneamente su tutto il modello, in situazioni geologiche di elevata complessità, e che consentano di inserire i vincoli geologici nella maniera più fedele possibile. Un approccio congiunto, che riproduca sia le osservazioni gravimetriche che magnetometriche, è la soluzione sperabile in ambito industriale.

 

  • L’importanza della magnetizzazione rimanente, cioè della magnetizzazione acquisita nel passato, con un campo magnetico inducente diverso da quello attuale, sembra essere sottovalutata in ambito industriale. Stiamo verificando che invece ha un ruolo fondamentale, non solo in crosta oceanica ma anche in crosta transizionale e continentale. Introducendola nei modelli si è talvolta costretti a rivedere sensibilmente la geometria delle intrusioni vulcaniche e/o della profondità del basamento cristallino.

 

  • Applicazioni per Carbon Capture and Storage. In questi contesti i metodi potenziali, ed in particolare la gravimetria per quanto concerne la CO2, possono essere utili nell’ambito del monitoraggio di giacimento per tracciare il movimento del plume di CO2 ed evidenziare eventuali perdite del giacimento.